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 Bene  proseguì il nano  siediti qui. Il tavolo è un po' basso per te,
ma non ti preoccupare, anche lo sgabello. Ecco, così. Qui c'è la focaccia,
qui la tazza della panna e qui il cucchiaio.
Appena Shasta ebbe finito la focaccia con la panna, i due fratelli di
Scampolo (che si chiamavano Rogin e Polliciotto) misero a tavola un piat-
to con pancetta, uova e funghi, del caffè e del latte caldo e pane tostato.
Quel genere di cibo sembrò a Shasta una cosa nuova e fantastica, perché
a Calormen non aveva mai mangiato niente di simile. Non capiva cosa fos-
sero le fette di roba marrone perché non aveva mai visto il pane tostato, e
non sapeva cosa fosse la sostanza gialla e morbida che i nani ci avevano
spalmato, dato che a Calormen si usava quasi sempre l'olio al posto del
burro. La casa era completamente diversa dalla capanna scura e puzzolente
di pesce di Arshish, ma anche dalle sale piene di colonne e tappeti di Ta-
shbaan. Qui il tetto era bassissimo e tutto era fatto di legno. C'era un oro-
logio a cucù e una tovaglia a scacchi rossi e bianchi, un vaso con dei fiori e
tendine bianche alle finestre. Era piuttosto complicato usare le tazze, i piat-
ti e le posate da nani. Le porzioni erano piccolissime, tanto per fare un e-
sempio, anche se il piatto e la tazza di Shasta venivano riempiti in conti-
nuazione; e poi i nani dicevano ripetutamente «Per favore, passami il bur-
ro» oppure «Per me un'altra tazza di caffè, grazie» o anche «Ancora un po'
di funghi» e «Io direi di friggere altre uova.» E alla fine, dopo che ebbero
mangiato fino a scoppiare, i tre nani fecero la conta per vedere chi dovesse
lavare i piatti. Toccò a Rogin, per sua sfortuna.
Poi Scampolo e Polliciotto accompagnarono Shasta in giardino e sedet-
tero su una panca appoggiata al muro della casetta. I tre distesero le gambe
e fecero un gran sospiro di soddisfazione, dopodiché i nani accesero le pi-
pe. La rugiada si era asciugata e il sole era tiepido al punto giusto; se non
ci fosse stata una leggera brezza, sarebbe stato anche troppo caldo.
 E ora, ragazzo  disse Scampolo  voglio mostrarti il paesaggio.
Da qui puoi ammirare quasi tutta la parte meridionale di Narnia, un pano-
rama del quale siamo orgogliosi. A sinistra, oltre le colline laggiù, si vedo-
no le Montagne Occidentali. Il poggio tondo a destra è la collina della Ta-
vola di Pietra. E là dietro...
Ma fu interrotto dal russare di Shasta che, dopo aver viaggiato tutta la
notte e aver fatto una colazione tanto abbondante, si era velocemente ad-
dormentato. Quando i nani si accorsero che dormiva, molto gentilmente
cominciarono a farsi cenno di non svegliarlo. In realtà bisbigliavano, ge-
sticolavano in punta di piedi e si allontanarono con una tal confusione che,
se Shasta fosse stato meno stanco, avrebbero finito per svegliarlo.
Il ragazzo dormì beato e tranquillo tutto il giorno e si svegliò in tempo
per la cena. I letti di casa erano troppo piccoli per lui, ma i nani avevano
preparato sul pavimento un bellissimo giaciglio di erica su cui dormì come
un sasso, senza girarsi e senza sognare. Il mattino dopo, avevano da poco
finito di fare colazione quando sentirono un suono acuto e squillante pro-
venire dall'esterno.
 Trombe!  esclamarono insieme i tre nani, precipitandosi a vedere.
Shasta li seguì.
Le trombe squillarono di nuovo. Era un suono che Shasta non aveva mai
sentito: non solenne come quello dei corni di Tashbaan, né allegro e festo-
so come quello del corno da caccia di re Luni, ma chiaro e nitido. Il suono
proveniva da est, in mezzo al bosco, e dopo pochi minuti si unì a quello
degli zoccoli dei cavalli. Ed ecco comparire la testa di una colonna di sol-
dati.
Apriva la fila messer Peridan, che montava un baio e teneva alto lo sten-
dardo di Narnia: un leone rosso in campo verde che Shasta riconobbe im-
mediatamente. Lo seguivano tre persone che cavalcavano fianco a fianco,
due in sella a destrieri da guerra e uno su un cavallino. Sui destrieri ca-
valcavano re Edmund e una dama bionda dall'espressione allegra che por-
tava un elmo e una cotta di maglie di ferro; appeso alla schiena aveva un
arco e al fianco una faretra piena di frecce. ( La regina Lucy  bisbigliò
Scampolo.) Sul cavallino, invece, c'era Corin.
Dietro di loro veniva il grosso dell'esercito: uomini su cavalli normali,
uomini su cavalli parlanti (a cui non dispiaceva affatto essere montati nelle
occasioni giuste, ad esempio quando Narnia entrava in guerra), centauri,
orsi dall'aspetto invincibile, grandi cani parlanti e, in coda, perfino sei gi-
ganti. Al principio Shasta, pur sapendo che i giganti combattevano per
Narnia, fu terrorizzato solo a guardarli. Non è facile abituarsi a cose di
questo tipo...
Appena il re e la regina ebbero raggiunto la casetta, e dopo che i nani li
ebbero accolti con profondi inchini, re Edmund disse:  E ora, amici, fac-
ciamo una sosta e mangiamo qualcosina.
Immediatamente ci fu un gran trambusto di uomini che smontavano da
cavallo, zaini che si aprivano e conversazioni che s'intrecciavano. Il prin-
cipe Corin corse verso Shasta e lo prese per mano:  Come, anche tu qui?
Allora ce l'hai fatta! Bene, sono contento. Adesso ci sarà da divertirsi. Sen-
ti un po' che fortuna sfacciata: sbarchiamo nel porto di Cair Paravel solo
ieri e la prima creatura che incontriamo è il cervo Silvo, che ci racconta di
Anvard e i nemici. Ti immagini che...
 Chi è l'amico del giovane principe?  domandò re Edmund, appena
sceso da cavallo.
 Ma come... non lo riconosci, Maestà?  disse Corin.  È il mio so-
sia, il ragazzo che hai scambiato per me a Tashbaan.
 È indubbiamente il tuo ritratto  esclamò la regina Lucy.  Uguali
come gemelli. Una cosa davvero fantastica.
 Maestà, ti prego  implorò Shasta  non sono un traditore, devi
credermi. Non ho potuto fare a meno di ascoltare i vostri piani, ma non mi
sono sognato di riferirli ai nemici di Narnia.
 Ora so che non ci hai traditi, ragazzo.  Il re posò la mano regale sul
capo di Shasta.  Ma la prossima volta, se non vuoi essere scambiato per [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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