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S io veggio il giorno, Amor, che mi scapestri
de lacci tua, che sì mi stringon forte,
vaga bellezza né parole accorte
né alcun altri mai piacer terrestri 4
tanto potranno, ch io più m incapestri
o mi rimetta nelle tua ritorte:
avanti andrò, fin che venga la morte,
pascendo l erbe per gli luoghi alpestri. 8
Tu m hai il cibo, il sonno e il riposo
e il parer uom fra gli altri e il pensiero
tolto, che io di me aver devrei, 11
e ha mi fatto del vulgo noioso
favola divenire; ond io dispero
mai poter ritrovar quel ch io vorrei. 14
Letteratura italiana Einaudi 92
Giovanni Boccaccio - Rime
LXXXIV
Sì fuor d ogni pensier, nel qual ragione
passeggi o stia, seguendo l appetito
è il mio folle pensier del tutto uscito,
che paura nol può né riprensione, 4
né ancora colei che n è cagione,
avendo il suo bel viso assai seguito,
ritrar dal corso, nel quale smarrito
corro all ultima mia destruzione. 8
Così fa, lasso, negli anni migliori
il creder troppo al fervente desio
e l invescarsi in le reti d amore; 11
che, quando vuol, non può poi degli errori
disvilupparsi il misero, che Dio
e sé offende, e vive male e muore. 14
Letteratura italiana Einaudi 93
Giovanni Boccaccio - Rime
LXXXV
Quand io riguardo me, vie più che l vetro
fragile, e gli anni fuggir com il vento,
sì pietoso di me meco divento
che dir nol porria lingua non che metro, 4
piangendo il tempo, ch ho lasciat arietro
mal operato, e prendendo spavento
de casi, i quai talora a cento a cento
posson del viver tormi il cammin tetro. 8
Né mi può doglia, per ciò, né paura
la vaga donna trarmi della mente,
dov Amor disegnò la sua figura. 11
Per che, s io non m inganno, certamente
la fine a quest amor la sepultura
darà, e altro no, ultimamente. 14
Letteratura italiana Einaudi 94
Giovanni Boccaccio - Rime
LXXXVI
Ipocrate, Avicenna o Galieno,
diamante, zafir, perla o rubino,
brettonica, marrobbio o rosmarino,
psalmo, evangelio e orazion vien meno; 4
piova né vento, nuvol né sereno,
mago né negromante né indovino,
tartaro né giudeo né saracino,
né povertà né doglia, ond io son pieno, 8
poteron mai del mio petto cacciare
questo rabbioso spirito d amore,
ch a poco a poco alla morte mi tira. 11
Ond io non so che mi debba sperare;
e ei d ogn altro affan mi caccia fuore,
e, come vuol, m affligge e mi martira. 14
Letteratura italiana Einaudi 95
Giovanni Boccaccio - Rime
LXXXVII
S Amor, li cui costumi già molt anni
con sospir infiniti provat hai,
t è or più grave che l usato assai,
perché, seguendol, te medesmo inganni, 4
credendo trovar pace tra gli affanni?
perché da lui non ti scavresti omai?
perché nol fuggi? e forse ancor avrai,
libero, alcun riposo de tua danni. 8
Non si racquista il tempo che si perde
per perder tempo, né mai lagrimare
per lagrimar restette, com uom vede. 11
Bastiti ch ad Amor il tempo verde,
misero, desti, e ora, ch a imbiancare
cominci, di te stesso abbia mercede. 14
Letteratura italiana Einaudi 96
Giovanni Boccaccio - Rime
LXXXVIII
Grifon, lupi, leon, bisce e serpenti,
draghi, leopardi, tigri, orsi e cinghiari,
disfrenati cavai, tori armentari,
rabbiosi can, tempeste e discendenti 4
folgori, tuoni, impetuosi venti,
ruine, incendi, scherani e corsari,
discorridori armati e sagittari
soglion fuggir le paurose genti: 8
ma io, che non son tal, perché discerno
com orribil fuggirmi a chi non torna,
fuggita, se non vede dipartirme? 11
forse son io el diavol dell inferno?
e crederre l s io avessi le corna,
poi che così a costei veggio fuggirme! 14
Letteratura italiana Einaudi 97
Giovanni Boccaccio - Rime
LXXXIX
Poco senn ha chi crede la Fortuna
o con prieghi o con lacrime piegare,
e molto men chi crede lei fermare
con senno, con ingegno, o arte alcuna. 4
Poco senn ha chi crede atar la luna
a discorrer il ciel per suo sonare,
e molto men chi ne crede portare,
morendo, seco l or che qui raguna. 8
Ma più ch altri mi par matto colui
ch a femina, qual vogli, il suo onore,
sua libertà e la vita commette. 11
Elle donne non son, ma doglia altrui,
senza pietà, senza fé, senz amore,
liete del mal di chi più lor credette. 14
Letteratura italiana Einaudi 98
Giovanni Boccaccio - Rime
XC
«Era l tuo ingegno divenuto tardo
e la memoria confusa e smarrita
e l anima gentil quasi nvilita
driet al riposo del mondo bugiardo; 4
quando t accese l mio vago riguardo
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